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Il futuro di Starch e del digitale secondo Claudio Beretta | Intervista 4/4

futuro-di-starch-intervista-claudio-beretta Il futuro di Starch secondo il fondatore Claudio Beretta

Concludiamo il viaggio nelle parole dell’arch. Claudio Beretta dando uno sguardo al futuro del digitale e agli obiettivi che la stessa Starch vuole raggiungere da qui a 10 anni.
Questi i link alle precedenti parti dell’intervista:

Per una lettura veloce, invece:

Il digitale nel futuro: come potranno cambiare le cose

Proviamo a immaginare quali saranno i bisogni futuri del mercato: in quali altri modi, secondo voi, il digitale potrà aiutarci nei prossimi anni?

“Lo sforzo che il futuro ci richiede non sarà quello di aumentare la tecnologia digitale. Al contrario, il nostro compito dovrà essere quello di distribuire la conoscenza di questa tecnologia a tutta la popolazione, alle aziende, alla pubblica amministrazione, fornendo soluzioni che coprono le effettive esigenze.

La tecnologia digitale c’è, ma pochissimi la conoscono e ancor meno sono nelle condizioni di usarla in maniera completa.
Bisogna quindi aumentare le competenze digitali ed anche il processo di digitalizzazione nelle imprese e coprire al 100% la digitalizzazione dei servizi pubblici.

Quindi, più che di incremento del livello tecnologico, bisogna aumentare il livello della cultura digitale: più che di macchine e di software sarà necessario occuparsi di formazione e affiancamento alla crescita in questo mondo nuovo digitale.

Starch sicuramente continuerà a produrre software, andando a coprire quei servizi e settori che sono rimasti ancora lontani dall’utilizzo del digitale, e ce ne sono ancora tanti. Tuttavia, l’impegno maggiore sarà quello di accompagnare i clienti in un’evoluzione culturale che permetta loro di migliorare la propria vita e il proprio lavoro tramite l’utilizzo del digitale.

Lavorando con la pubblica amministrazione, questo impegno si rifletterà positivamente sul rapporto tra privato e pubblico, migliorando i servizi resi al cittadino.

Il pericolo che vedo è che la tecnologia digitale finisca per evolversi in maniera fine a sé stessa e non per quel fine a cui deve servire, cioè rendere la nostra vita più facile, sicura, felice, tutelata. Questi sono i bisogni dell’uomo, quelli presenti e quelli futuri, e sono gli stessi che gli uomini hanno sempre avuto, dall’uomo di Neanderthal in poi.

Non vorrei farla troppo pesante, ma alla fin fine, l’evoluzione della civiltà umana è sempre stata basata su dei principi sintetizzati poi dalla rivoluzione francese in tre parole: libertà, uguaglianza, fratellanza.

La rivoluzione digitale dovrà seguire ancora questi indirizzi e aumentare la libertà degli individui, metterli tutti allo stesso livello, aumentare la comprensione di chi vive nel nostro mondo.”

Il futuro di Starch: un gioco di anticipo

Chiudiamo con uno sguardo sognante al futuro. Se dovessimo viaggiare nel tempo e arrivare nel 2032, cosa vi piacerebbe aver fatto a quella data come azienda?

Qualcuno ha detto che per immaginare il futuro bisogna dare una sbirciata indietro al passato.

Cosa faceva la Starch nel 2012, dieci anni fa?
Ad uno sguardo superficiale sembrerebbe che facessimo le stesse cose che facciamo ora. Facevamo software per digitalizzare i processi riferiti alla trasformazione del territorio.

Ma se confrontiamo quel software con quello che ora noi distribuiamo ci viene da sorridere. È cambiata completamente la filosofia con cui i prodotti nuovi sono stati creati, e non hanno quasi più niente da spartire con quelli, pur validi, di dieci anni fa. Infatti:

  • ora le procedure sono tutte web
  • oltre ai dati si occupano anche di gestire i processi
  • l’utente del software è diventato il centro dell’attenzione ed il software si comporta in modo diverso in funzione dell’utente
  • le interfacce sono diventate più facili e di immediata comprensione
  • le procedure si interfacciano con le altre procedure interne ed esterne all’amministrazione

Insomma, è sempre lo stesso software ma è una cosa completamente diversa.

A questa evoluzione noi siamo arrivati utilizzando le nuove tecnologie disponibili, ma soprattutto prestando attenzione all’utente. Indipendentemente dal fatto che fosse un dipendente pubblico o un cittadino o professionista, abbiamo sempre posto la persona al centro del nostro software. Questa è stata la nostra evoluzione in questi dieci anni.

Noi non ci illudiamo che un software possa determinare il futuro, ma siamo convinti che un software debba adattarsi al cambiamento della società, rispondere alle nuove esigenze, offrire delle nuove possibilità e far vivere meglio chi lo utilizza.

Sinceramente, visto che ormai ho passato i settant’anni, penso che non sia io la persona giusta a cui chiedere di immaginare un futuro.
Non tocca a me immaginarlo, ma ai miei ragazzi che hanno l’età giusta per pensare al futuro ed hanno forza e tempo per realizzarlo.

Posso solo dare un suggerimento: non pensate che un software possa condizionare il futuro, ma il vostro compito dovrà essere quello di creare il software giusto per il futuro che ci aspetta.

Il software del 2032 sarà quello giusto se si sarà adeguato al futuro, cioè all’evolversi della pandemia, alle variazioni dell’economia europea, della guerra in Ucraina, della crisi energetica, del pil italiano, delle ripercussioni derivate dalle mutazioni climatiche, dell'evoluzione della pubblica amministrazione, della crisi o dell’esplosione dell’edilizia, dell’attuazione o il fallimento del PNRR…. e di tutto quello che avverrà.

E sono sicuro che sarà un software perfetto per quel futuro, perché Starch è sempre riuscita ad anticiparlo.”